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Il credito d’imposta per investitori esterni e per produttori nel settore cineaudiovisivo ed il silenzio-assenso di Gaetano Armao Avvocato-docente di diritto amministrativo nell’Università di Palermo

di
Gaetano Armao
Avvocato-docente di diritto amministrativo nell’Università di Palermo

1. La complessa procedura per la concessione dei crediti d’imposta alle imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo che eseguono apporti a favore della produzione di opere cinematografiche, come noto, é disciplinata dall’art. 3 del decreto Ministro per i beni e le attivitá culturali (d’ora in poi MIBACT) 21 gennaio 2010, recante ““Disposizioni applicative dei crediti d’imposta concessi alle imprese non appartenenti al settore cineaudiovisivo e alle imprese di distribuzione ed esercizio cinematografico per attività di produzione e distribuzione di opere cinematografiche”.
Giova ricordare che il richiamato decreto disciplina l’attuazione dell’art.1, comma 325 e comma 327, lett. b), n. 1, 2 e 3, e lett. c), n. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che ha introdotto specifiche modalità di concessione di agevolazioni fiscali, in particolare riconoscendo ai soggetti di cui all’art. 73 del T.U.I.R. ed ai titolari di reddito di impresa, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, non appartenenti al settore cineaudiovisivo, come definiti nell’articolo 1, comma 2, del decreto stesso, un credito d’imposta per gli apporti in denaro eseguiti per la produzione di opere cinematografiche di nazionalità italiana, e secondo le modalità indicate al già citato articolo 3.
In ossequio a quanto previsto dalla richiamata normativa che disciplina l’incentivo fiscale é stabilito specificatamente che, in esito ad un’articolato procedimento ed effettuate le valutazioni sul merito culturale dell’opera, il MIBACT è preliminarmente chiamato a determinare il credito d’imposta spettante ai proponenti.
Per questa manifestazione di volontà della p.a. si prevede: sia la forma espressa (determinazione comunicata mediante raccomandata con ricevuta di ritorno), che quella silenziosa, ed infatti, “in caso di mancata comunicazione, il credito d’imposta si intende spettante nella misura indicata nella istanza” di ammissione al beneficio in questione.
Avuto riguardo invece all’utilizzabilità del credito d’imposta, che segue la determinazione di cui si è appena detto, essa può ritenersi ammessa “dalla data di ricezione della comunicazione con la quale il Ministero …. indica la misura del credito loro spettante”, in alternativa, nell’ipotesi in cui difetti la comunicazione da parte dell’amministrazione procedente, si prevede una tipica ipotesi di silenzio-assenso: “decorsi sessanta giorni dalla data di ricezione dell’istanza”.
In altre parole la disciplina ha trattato, ed in termini paralleli, sia le ipotesi nelle quali la competente Direzione generale del cinema provveda con atto formale che quelle nelle quali il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda ed il provvedimento formale (di determinazione dell’importo del credito e di utilizzabilità) é sostituito ad ogni effetto da siffatta formazione della volontà amministrativa tipizzata dalla norma in esame.
Ad ulteriore conferma della indubbia presenza nel caso in esame della fattispecie del silenzio-assenso giunge poi quanto previsto dal successivo sesto comma del medesimo art.3 del decreto giusta il quale il credito d’imposta decade “qualora al film cui gli apporti sono correlati non vengano riconosciuti i requisiti di eleggibilità culturale ai sensi dell’art. 1 del presente decreto, ovvero non vengano soddisfatti gli altri requisiti previsti. In tal caso, si provvede anche al recupero del beneficio eventualmente già fruito”.
In sede regolativa si é così previsto uno strumento straordinario ed ex-post rispetto all’ammissione al beneficio finanziario, evidentemente per far fronte alle ipotesi di formazione della volontà amministrativa mediante silenzio-assenso.
Va poi ricordato, in termini ancor più dettagliati e tenuto conto anche delle determinazioni interne che il rispetto dei termini per provvedere sono puntualmente richiamati per il MIBACT, nel caso di specie al n. 7 (Determinazione dell’importo del credito d’imposta per i titolari di reddito d’impresa, diversi dai produttori cinematografici, che eseguano apporti per la produzione di film-Art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 244, comma 327 e ss.), é confermata la durata di sessanta giorni (http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1355752668891_ELENCO_PROCEDIMENTI_AMMINISTRATIVI_DIREZIONE_CINEMA.pdf ) mentre quelli di durata superiore sono rinvenibili nel d.P.C.M. 18 novembre 2010, n. 231 “Regolamento di attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, riguardante i termini dei procedimenti amministrativi del Ministero per i beni e le attivita’ culturali aventi durata superiore a novanta giorni”.
Ovviamente, in entrambi i casi, restano impregiudicati gli adempimenti nei confronti dell’Agenzia delle entrate di cui al comma quarto dell’articolo in esame i quali, giova ricordarlo, sono prescritti “a pena di decadenza” (e sui quali si veda la risoluzione di detta Agenzia del 18 agosto 2010, N. 85/E).

2. Con talune note recenti il MIBACT ha inteso denegare il perfezionamento del silenzio-assenso nonostante l’esplioto richiamo che ne bene fatto in sede regolativa.
In tal senso, al fine di inquadrare puntualmente la fattispecie in esame, giova precisare che con alcune lettere rivolte alle imprese di produzione ed agli investitori esterni la Direzione generale Cinema del predetto Ministero, sulla scorta dell’intervenuta entrata in vigore della l. n. 208 del 2015 (c.d. legge di stabilita per il 2016) e della prevista revisione dei decreti attuativi e delle circolarti interpretative del MIBACT, ha richiesto la presentazione di una dichiarazione sottoscritta dalle parti interessate e rilasciata “ai sensi del d.P.R. 445/2000, attestante l’assenza di patti collaterali tesi a modificare le condizioni economiche degli accordi con l’investitore esterno, così come formalizzati nel contratto già trasmesso”.
Appare utile rilevare, per le finalità che ci occupano, che la nota prevedeva espressamente che “la domanda è sospesa in attesa dei chiarimenti richiesti”.
Giova sin da adesso sottolineare che:
la sospensione operata dall’amministrazione procedente é finalizzata all’ottenimento dei chiarimenti richiesti, l’amministrazione non interrompe il procedimento ma si limita a sospenderlo, evidentemente intendendo riferirsi alle previsioni in materia della l. n. 241 del 1990 e s.m.i. di cui si dirà in seguito, la nota é sottoscritta dal Direttore generale che evidentemente assume la responsabilità del procedimento amministrativo, in linea con le determinazioni interne.
Nelle procedure sottopostemi le imprese interessate hanno tempestivamente prodotto la documentazione ed i chiarimenti richiesti, con ciò evidentemente determinando la cessazione del periodo di sospensione e la conseguente riattivazione dei termini procedimentali. In detta risposta é stato peraltro puntualmente precisato dagli istanti il riferimento ai principi di tempestività e non aggravamento dell’azione amministrativa ed ai termini di conclusione del procedimento amministrativo in questione sanciti, oltre che dalla normativa di riferimento, dall’art. 2 della l. n. 241 del 1990 e s.m.i. e dai decreti applicativi del MIBACT.
Va poi ricordato che con successiva nota, ancora una volta di identico tenore inviata a più imprese istanti per l’ottenimento del beneficio fiscale in argomento, la medesima Direzione generale Cinema ha invitato le imprese a “chiarire il meccanismo di restituzione dell’apporto investito dal soggetto esterno, alla luce delle caratteristiche essenziali del contratto di associazione in partecipazione previsto dall’art. 2549 c.c.”, ed in taluni casi richiedendo altresì la produzione di una dichiarazione sostitutiva attestante l’assenza “di patti collaterali tesi a modificare le c o dizioni economiche degli accordi con l’investitore esterno, cosi come formalizzati nel contratto già trasmesso”.
Anche in questo caso giova sottolineare il tenore della nota ministeriale che:
non procede, questa volta (e molto probabilmente nella consapevolezza del divieto di legge di cui si dirà) ad una nuova sospensione dei termini procedimentali, si limita a richiedere un chiarimento sul funzionamento di un meccanismo finanziario.
Anche a questa nota é stato offerto tempestivamente il necessario riscontro da parte delle imprese interessate, anche di tipo documentale.
Con ulteriore comunicazione, inviata via posta elettronica certificata, le imprese istanti hanno comunicato all’amministrazione procedente l’avvenuto decorso del termine di sessanta giorni stabilito dal citato art. 3 del d.m. 21 gennaio 2010 “i fini della compensazione del credito d’imposta”.
Infine, con ultima nota della menzionata Direzione generale l’Amministrazione ha sostanzialmente rigettato il contenuto del riscontro ricevuto, precisando che la documentazione é ancora all’esame della stessa e che per l’utilizzazione del credito d’imposta “é necessario attendere il nulla osta della suddetta amministrazione”.
Ne discende che la determinazione amministrativa ha un contenuto doppiamente negativo in quanto:
assume che il termine di sospensione non sia ancora spirato; denega l’avvenuto perfezionamento del silenzio-assenso previsto dalla citata normativa.
Alla stregua della richiamata disciplina in materia e dello svolgimento della serie procedimentale (comunicazione preventiva/istanza finale/richiesta di integrazione documentale con sospensione/riscontro con cessazione della sospensione/richiesta ulteriore senza sospensione, riscontro, comunicazione sul silenzio) deve pertanto ritenersi si sia configurata la fattispecie silenziosa sull’istanza di utilizzazione del credito d’imposta in questione.

3.1. Al fine di meglio inquadrare la complessa questione sembra tuttavia opportuno ricondurre la fattispecie ai più ampi canoni che presiedono allo svolgimento dell’azione amministrativa. Ciò al fine di confortare e suffragare ulteriormente la conclusione appena raggiunta.
L’istituto del silenzio-assenso trova applicazione nelle fattispecie nelle quali la normativa attribuisce all’inerzia dell’amministrazione pubblica il valore di provvedimento di accoglimento dell’istanza presentata dal privato, con la conseguenza che il silenzio serbato dalla p.a. costituisce rimedio all’inerzia protrattasi oltre un certo termine, consentendo di conseguire quanto richiesto con l’stanza introduttiva del procedimento.
Il decorso del termine massimo per provvedere da parte della p.a., nelle differenti ipotesi di mancata tipizzazione del silenzio, offre all’istante, invece, la possibilità di impugnare detto comportamento di fronte al giudice amministrativo nelle forme di rito.
Come puntualmente osservato dal Consiglio di Stato in un recentissimo parere, il meccanismo del silenzio-assenso stigmatizza l’inerzia dell’amministrazione coinvolta, ancorché non fisiologica, tanto da ricollegarvi la più grave delle “sanzioni” o il più efficace dei rimedi: “la definitiva perdita del potere di dissentire e di impedire la conclusione del procedimento”.
È su tali basi che viene individuata, in tal guisa, il triplice fondamento del nuovo silenzio-assenso
– eurounitario, individuato nel “principio della tacita autorizzazione” (ovvero la regola del silenzio-assenso) introdotto dalla cd. direttiva Bolkestein (considerando 43; art. 13, par. 4);
– costituzionale, rinvenibile nel principio di buon andamento, di cui all’art. 97 Cost., inteso nell’ottica di assicurare il ‘primato dei diritti’ della persona, dell’impresa e dell’operatore economico;
– sistematico, con riferimento al principio di trasparenza (anch’esso desumibile dall’art. 97 Cost.) che ormai, specie dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, informa l’intera attività amministrativa come principio generale (Consiglio di Stato, Ad. Comm. spec., 23 giugno 2016, n. 1640 https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/documents/document/mday/mjqz/~edisp/nsiga_4121853.doc ) Come noto, giusta l’art. 2 della l. n. 241 del 1990 e s.m.i., viene fissato, in via generale, un termine massimo di conclusione dei procedimenti amministrativi. Termine che deve intendersi sostituito da quelli di volta in volta previsti – come nella fattispecie in esame – dalla normativa del settore cinematografico e audiovisivo.
Avuto riguardo all’interesse a corrispondere a peculiari esigenze istruttorie incompatibili con il decorso di detti termini, ma tuttavia salvaguardando il principi di efficienza della p.a. e di certezza della durata dei procedimenti amministrativi, il settimo comma dell’art, 2 della citata legge generale sul procedimento sancisce che “possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14, comma 2″.
Invero sembra utile ricordare che l’istituto del silenzio-assenso costituisce, adesso in termini generali, la forma più pregnante del silenzio-significativo della p.a. in considerazione dell’ampia previsione contenuta nell’art. 20 della legge della già ricordata l. n. 241 del 1990 e s.m.i.
Giusta la disposizione richiamata, infatti, e salva l’applicazione della dichiarazione di inizio attività, “nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.”
Da quanto esposto consegue poi che, pur permanendo in capo all’amministrazione procedente la facoltà di chiedere più volte l’integrazione documentale, la sospensione del termine opererà una sola volta.
Va osservato, per completezza, che resta ovviamente impregiudicato, anche nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione procedente equivalga a provvedimento di accoglimento della domanda – come nella indubbia fattispecie in esame – l’esercizio del potere di autotutela da parte di quest’ultima.
Ed infatti, a norma del terzo comma del citato art. 20, é stabilito che “nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies”.
La pur sintetica rassegna delle disposizioni generali sul procedimento amministrativo confermano, quindi, quanto sostenuto sull’avvenuta formazione del silenzio-assenso nella fattispecie per la quale é stato richiesto il parere.

3.2. Il delineato contesto normativo da ultimo richiamato é stato peraltro oggetto di una copiosa giurisprudenza che ne ha confermato, se non addirittura rafforzato, la portata vincolante e precettiva sull’azione amministrativa avuto riguardo al rispetto dei tempi ed alla doverositá del provvedere.
In particolare la giurisprudenza in tema di integrazioni istruttorie se ha precisato che deve sempre ammettersi che possano essere chieste integrazioni istruttorie necessarie, anche in assenza di una esplicita previsione di legge (Consiglio di Stato, sez. VI, 28 dicembre 2000, n. 7044; Consiglio di Stato, sez. VI, 14 febbraio 1996, n. 209; Consiglio di Stato, sez. VI, 16 marzo 1995, n. 279), ha parimenti precisato che in ogni caso il termine di conclusione del procedimento amministrativo, in presenza di un termine espresso e, peraltro, accompagnato dalla previsione della fattispecie del silenzio-assenso, “deve ritenersi perentorio”, sicché “una richiesta di integrazione documentale tardiva non è idonea a determinare l’interruzione del termine” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 21 giugno 2006, n. 7822).
Ed ancora, in materia analoga (procedura per l’installazione di un impianto di telefonia mobile di cui all’art. 87, comma 9, d.lgs. 259/2003), i giudici amministrativi hanno precisato che il decorso del termine stabilito dalla norma: “dalla presentazione dell’istanza e la mancanza di un provvedimento di diniego comunicato entro detto termine comportano la formazione del silenzio-assenso sulla relativa istanza, che costituisce titolo abilitativo….,con conseguente illegittimità dei successivi provvedimenti adottati, rimuovibili in sede di autotutela, nel rispetto dei requisiti formali e sostanziali previsti per l’esercizio del suddetto potere, senza che alla formazione del silenzio-assenso di cui si tratta ostino le disposizioni di cui all’articolo 20 comma 4, legge 7 agosto 1990 n. 241, stante il principio di specialità vigente nel nostro ordinamento giuridico”(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II bis, 8 ottobre 2013, n. 8681).
Con la conseguenza che l’eventuale “sospensione della procedura di esame dell’istanza ….. finisce per risolversi in un illegittimo arresto sine die del procedimento, in contrasto con le esigenze di speditezza” del settore”.
In particolare, sempre riferendosi all’arresto giurisprudenziale appena richiamato, in base all’art. 87 del d. lgs. n. 25 del 2003 e s.m.i. analogamente alla normativa sulla quale opera il MIBACT nella fattispecie in esame, la giurisprudenza ha statuito che “non esiste un potere di sospensione del procedimento in capo all’ente che ha soltanto la facoltà di interrompere il decorso del termine di formazione del silenzio-assenso, richiedendo chiarimenti o documentazione all’interessato” ed il termine massimo di durata del procedimento “riprende a decorrere dal momento dell’avvenuta integrazione documentale”, né un potere di sospensione del procedimento ampliativo può trovare fondamento in norme generali, militando anzi il principio di cui all’articolo 2 della legge 241/1990 e succ. mod. in senso esattamente contrario (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. VII, 23 febbraio 2012, n. 987).
In tal senso si é parimenti previsto che “dal combinato disposto degli art. 7, comma 2, e 21 quater della l. n. 241/1990 ne deriva che, in astratto, deve riconoscersi la titolarità, in capo all’ amministrazione, di un potere di sospensione del procedimento, che, tuttavia, non consente la determinazione di effetti sospensivi immotivati o sine die e, pur circondato dai necessari presupposti delle “gravi ragioni” necessarie per la sua emanazione e del “tempo strettamente necessario” entro il quale il provvedimento di sospensione può essere disposto, questo riveste un carattere pur sempre eccezionale, atteso che un potere generalizzato di sospensione dell’efficacia degli atti amministrativi compete – ovviamente in presenza di altri presupposti – unicamente al g.a. in sede di tutela cautelare (nella fattispecie, l’adozione della censurata sospensione veniva considerata legittima nei limiti del tempo strettamente necessario all’esame delle possibili interferenze dell’intervento edilizio privato con un’opera di viabilità pubblica, esistendo un progetto definitivo dal quale, come concordemente sostenuto dalle parti, sarebbero emersi profili di incompatibilità dell’intervento edilizio in questione, donde l’insussistenza di ragioni che impediscano all’ amministrazione di concludere il procedimento avviato dalla ricorrente con un provvedimento espresso di sospensione come peraltro imposto dall’art. 2 della l. n. 241/1990)” (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 25 luglio 2014, n. 326).
Ed in senso analogo si muove, altresì, la dottrina in materia.
In tale prospettiva é stata ampiamente sottolineato che la tempestività dell’azione amministrativa si configura alla stregua di un carattere di doverosità (M. CLARICH, Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, 1995; G. MORBIDELLI, Il tempo del procedimento, in V. CERULLI IRELLI (a cura di), La disciplina generale dell’azione amministrativa. Saggi ordinati in sistema, Napoli, 2006, 259 ss.).
Doverositá che deve essere intesa non solo come obbligo per la p.a. di emettere un provvedimento espresso, ma anche quale obbligo di adottarlo in tempi certi. In tal guisa la doverositá costituisce la peculiare declinazione del principio di legalità, in quanto investe non soltanto la legalità “negativa”, quale strumento indispensabile al cittadino per arginare un esercizio del potere arbitrario, ma anche quella “positiva”, quale affermazione in positivo dell’obbligo di esercitare quel potere e di esercitarlo in tempo utile per il cittadino-compartecipe della funzione pubblica (M. A. SANDULLI, Il procedimento amministrativo e la semplificazione, in www.ius-publicum.com).

§§§

Alla stregua del quadro normativo speciale e generale delineato e degli apporti della giurisprudenza e dalla dottrina amministrativa esaminata non può conclusivamente revocarsi in dubbio che la serie procedimentale relativa alle agevolazioni fiscali in questione relativa al cineaudiovisivo debba ritenersi assoggettata al silenzio-assenso e che, nelle procedure esaminate, detta formazione tipizzata della decisione amministrativa si sia indubbiamente perfezionata.
Roma, 6 ottobre 2016

Prof. Avv. Gaetano Armao

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