di Gaetano Armao
Avvocato cassazionista-docente di diritto amministrativo europeo nell’Università di Palermo
1. La Regione Siciliana attraverso il POR FSE 2014-2020, mira a sostenere e migliorare la qualità dei servizi erogati sia direttamente dalle proprie strutture amministrative coinvolte nell’attuazione dei Fondi SIE che da altri attori istituzionali oltre che degli stakholders, inclusi gli operatori della formazione professionale, dell’istruzione, del lavoro, delle politiche sociali, dei servizi per l’impiego, del servizi socio sanitari e del personale degli enti locali.
L’ASSE III (Rafforzamento della capacità istituzionale), in particolare, ha quale obiettivo quello di irrobustire la parità di accesso alla formazione permanente per tutte le età nei contesti formali, non formali e informali, aggiornare le conoscenze, le abilità e le competenze e il riconoscimento delle competenze acquisite.
Ciò per operare il rafforzamento e sviluppo di nuove competenze e saperi finalizzati all’innalzamento generale delle competenze – siano esse competenze di base, trasversali e peculiari dell’economia regionale.
Specifica considerazione merita poi l’Asse prioritario Asse 4 – Capacità istituzionale e amministrativa. Attraverso l’Asse 4, si promuovono iniziative innovative che comprendono anche azioni per la creazione e rafforzamento di reti tra le amministrazioni competenti sul territorio in materia di politiche del lavoro e della formazione, servizi sociali, tutela della salute, servizi per l’impiego.
Tale Asse mira all’attuazione degli Obiettivi tematici da 1 a 7 dell’articolo 9, primo comma del Regolamento (UE), n.1303/2013. A tale riguardo giova evidenziare che, nell’ambito della strategia regionale, il FSE contribuisce anche al perseguimento di ulteriori obiettivi direttamente collegati alle finalità attribuite al Fondo, ma che risultano sinergiche e complementari ad esse, così come indicato all’art. 3, comma 2 del Regolamento 1304/13 relativo al FSE. Si tratta di indirizzare gli sforzi dell’azione regionale ampliando l’ottica di intervento della formazione per l’adeguamento e il potenziamento delle competenze del personale della PA verso alcuni settori che possono produrre effetti significativi anche sul fronte delle tematiche del lavoro, dell’inclusione sociale, dell’innalzamento delle competenze e del livello di qualificazione della popolazione.
Con autonoma rilevanza va poi annoverato tra le possibili aree sulle quali impiegare il CERISDI va ricordato l’Asse prioritario 5 – Assistenza tecnica, che ha quale obiettivo specifico quello di rafforzare i processi di programmazione, attuazione, gestione, monitoraggio, controllo e sorveglianza degli interventi previsti dal Programma Operativo Risultati che gli Stati membri intendono ottenere con il sostegno dell’UE. E ciò ella prospettiva di irrobustire la capacità istituzionale delle autorità pubbliche e delle parti interessate e un’amministrazione pubblica efficiente.
Tale obiettivo dovrà esser conseguito mediante l’affiancamento ed il supporto specialistico, diretto alle Autorità del Programma oltre che ai soggetti ed agli attori coinvolti nella concezione, preparazione ed attuazione degli interventi cofinanziati. Attraverso il conseguimento di questo Obiettivo, la Regione si attende come risultato il miglioramento della capacità amministrativa in tema di programmazione e gestione delle strutture regionali e locali coinvolte nell’implementazione del Programma oltre che la riduzione degli ostacoli che rallentano o impediscono la gestione dei fondi FSE
La dotazione finanziaria complessiva degli Assi ricordati ammonta:
ASSE III – Istruzione e formazione euro 16.012.733,00 (fondo disponibile); euro 273.550.862,00 (dotazione complessiva).
ASSE IV – Capacità istituzionale e amministrativa euro: euro 34.843.474,00 (fondo disponibile)
ASSE V – Assistenza tecnica euro 28.703.375,00 (fondo disponibile).
Gli elementi preminenti che hanno caratterizzato la collaborazione fra il CERISDI, la Regione Siciliana ed enti e Istituzioni collegate, trovano riscontro da oltre 25 anni nelle numerose e note attività rivolte allo sviluppo della conoscenza ed al rafforzamento della P.A. Regionale, attraverso la realizzazione di piani annuali di attività finanziati dalla L. R.n.47/95 e concordati col Dipartimento della Funzione Pubblica della Regione, nonché nell’affiancamento degli Uffici Regionali impegnati tra le altre azioni, nella gestione dei fondi europei e nel controllo della spesa pubblica.
La crisi finanziaria che ha colpito il CERISDI può quindi essere superata – come, invero, sarebbe potuto avvenire agevolmente anche in passato sol che si fosse tempestivamente eliminata la presenza di privati nell’Associazione che apportavano irrilevanti contributi finanziari, ma che, come meglio si vedrà impediva il ricorso alle forme di affidamento in house – mediante una riorganizzazione che completando quella già in atto (che ha portato all’uscita dei privati e la permanenza dei soli soci pubblici) consenta di ricondurre pienamente l’Associazione tra i destinatari di affidamenti diretti di risorse europee.
2. La partecipazione diretta della Regione o di un ente regionale (accanto ad IRCAC) al CERISDI, ed il rispetto dei criteri per l’affidamento attraverso l’in house providing consentirebbe di salvaguardare l’ultimo presidio regionale della formazione avanzata servizi ad alto valore aggiunto (altre istituzioni operanti in Sicilia hanno progressivamente cessato l’attività) e, conseguentemente, e di affidarle rilevanti risorse finanziarie che altrimenti dovrebbero essere esternalizzati (verso analoghi operatori nazionali, in particolare SNA e FORMEZ, come avvenuto nel precedente ciclo di programmazione).
Peraltro non può sottacersi che, nonostante il contenimento delle partecipazioni, già definito nel 2011, negli anni successivi, in controtendenza con la scelta di ridurle, la Regione ha acquisito nuove partecipazioni, addirittura societarie, come nel caso di AIRGEST S.P.A.
La partecipazione ad un’Associazione della tipologia del CERISDI, oltre a garantire la permanenza di un importante asset regionale in un settore sottoposto ad una massiccia desertificazione come la formazione avanzata, consentirebbe di assicurare la salvaguardia dei livelli occupazionali dell’Associazione ed il mantenimento di un gruppo di lavoro specializzato nell’alta formazione.
In termini generali l’eccezione “in house” si fonda sul presupposto che un’amministrazione è libera di adempiere ai propri compiti istituzionali di interesse pubblico mediante la costituzione di un ente apposito senza ricorrere a soggetti esterni sul mercato, e dunque di procedere attraverso l’insourcing piuttosto che mediante l’outsourcing, e che tale deroga vale anche nelle ipotesi in cui l’affidatario del contratto, pur essendo un soggetto formalmente distinto dall’amministrazione aggiudicatrice, sia tuttavia sottoposto ad un controllo da parte della stessa analogo a quello che esercita sui propri servizi – consistente nell’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti dell’entità affidataria, caratterizzato dall’essere effettivo, strutturale e funzionale e tale da poter essere esercitato congiuntamente anche da più amministrazioni aggiudicatrici- e realizzi la parte più importante della propria attività con l’amministrazione o le amministrazioni che la controllano (Corte di Giustizia U.E., Sez. V, 8 maggio 2014, n. C-15/13).
Avuto poi riguardo alla natura giuridica associativa e non lucrativa del Cerisdi in merito trovano applicazione le regole generali dell’in house providing come declinate dalla c.d. giurisprudenza Teckal: “quanto alla circostanza che il soggetto aggiudicatario dell’affidamento diretto non persegua scopo di lucro, essa non è rilevante ai fini dell’applicazione dell’eccezione «in house». Infatti, l’applicazione di questa eccezione trova il suo fondamento nella relazione interna esistente tra l’amministrazione aggiudicatrice e il soggetto aggiudicatario, che fa sì che non sussista un incontro di due volontà autonome che rappresentano interessi giuridici distinti. Essa è pertanto indipendente non solo dalla natura giuridica del soggetto aggiudicatario, ma anche dalla circostanza che questo persegua o meno uno scopo di lucro. Risulta, del resto, dalla giurisprudenza che l’assenza di fini di lucro di un soggetto, ed in particolare di un’associazione, non esclude in alcun modo che esso eserciti un’attività economica e non è pertanto atta di per sé stessa ad escludere tale soggetto dall’applicazione delle disposizioni di diritto dell’Unione in materia di appalti” (v., in tal senso, sentenze, sentenze Sea, C‑537/07, EU:C:2009:532, punto 41, e CoNISMa, C‑305/08, EU:C:2009:807, punto 45).
Mentre la presenza di soggetti privati tra gli associati, anche privi di scopo di lucro – ma tale circostanza, come ricordato, è finalmente venuta meno per il CERISDI, non consente di inverare “la condizione relativa al «controllo analogo», dettata dalla giurisprudenza della Corte affinché l’affidamento di un appalto pubblico possa essere considerato come un’operazione «in house» secondo la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2014, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi” (Corte di Giustizia Europea, V, 19 giugno 2014, n. C-574/12)
In tal senso giova richiamare, così come declinato dalla giurisprudenza, anche contabile, quali siano i presupposti per l’affidamento in house.
E proprio la giustizia amministrativa ha precisato che l’ente societario partecipato deve ritenersi sottoposto ad un controllo di stampo sostanzialmente organico, tale da rendere irrilevante l’alterità soggettiva con l’autorità pubblica partecipante. In virtù di un simile atteggiarsi dei rapporti, spetta quindi a quest’ultima nominare i vertici direttivi e di controllo, approvare gli indirizzi strategici ed i principali atti di gestione, svuotando conseguentemente l’autonomia decisionale dell’organo amministrativo invece riconosciuta dal codice civile alle società di capitali (Cons. stato sentt. nn. 14 ottobre 2014, n. 5080 e 13 marzo 2014, n. 1181).
Più in generale si può evocare la figura dell’affidamento “in house” nelle ipotesi in cui un’amministrazione pubblica aggiudica senza gara ad una entità giuridicamente separata, ma rientrante nella sua sfera di influenza, il compito di eseguire una prestazione (di norma di servizi) a proprio favore (c.d. affidamenti “quasi in house” o affidamenti “in house in senso lato”).
La normativa comunitaria non disciplina l’istituto, che, invece, ha trovato riconoscimento esplicito da parte del legislatore italiano nel testo, attualmente vigente (sebbene dichiarato in parte costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 272 del 27 luglio 2004), dell’art.113 del T.U.E.L. 267/2000 e in quello (non più in vigore a seguito dell’intervento della Corte costituzionale con la citata sentenza), dell’art. 113 bis dello stesso T.U.E.L., come modificati dal legislatore nazionale (con d.l. 269/2003, convertito in legge 326/2003) al fine di adeguare la disciplina interna alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE.
Appare importante sottolineare che la Corte di giustizia, chiamata a risolvere contrasti riguardanti prestazioni affidate senza ricorrere a procedimenti ad evidenza pubblica, ha rinunciato a colmare le lacune della legislazione comunitaria, limitandosi ad individuare i requisiti indispensabili affinchè sia giustificabile la mancata applicazione dei principi in materia di evidenza pubblica.
L’amministrazione pubblica può quindi affidare direttamente l’incarico di fornire una prestazione o un servizio ad un soggetto giuridicamente distinto se il capitale (o nel caso di specie il novero dei partecipanti al vincolo associativo) del soggetto affidatario è interamente pubblico, se esercita sul soggetto affidatario un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi e se il soggetto fornitore realizza la propria attività prevalentemente con l’Ente pubblico che lo controlla direttamente o indirettamente (come avverrebbe nel caso in cui a partecipare siano enti regionali).
Avuto riguardo alla necessità di garantire il controllo analogo, anche indiretto, da parte della Regione (ossia anche tramite enti regionali o dalla stessa partecipati prevalentemente) sembra utile ricordare che la Corte di Giustizia UE ha reiteratamente chiarito che nel caso in cui venga fatto ricorso ad un’entità posseduta in comune da più autorità pubbliche, il «controllo analogo» può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse (principio di diritto enunciato nel caso “Coditel Brabant SA” dalla Corte di Giustizia III Sezione 13 novembre 2008, punti 47 e 50).
Tale assunto è poi ribadito dalla giurisprudenza nazionale, in tal guisa il requisito del controllo analogo deve essere verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che la signoria della mano pubblica sull’ente affidatario, purché effettiva e reale, sia esercitata dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione dominante di ogni singolo ente.
La Corte di giustizia ha così riconosciuto che, a determinate condizioni, il “controllo analogo” può essere esercitato congiuntamente da più autorità pubbliche che possiedono in comune l’entità affidataria (v., in tal senso Corte di giust. UE, III, sentenza 29 novembre 2012, Econord, punti da 28 a 31 e giurisprudenza ivi citata).
In base alla giurisprudenza da ultimo richiamata, nel caso in cui venga fatto ricorso ad un’entitá posseduta in comune da più autorità pubbliche, il “controllo analogo” può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse.
Da ciò consegue che, se un’autorità pubblica diventa socia di minoranza di una società per azioni a capitale interamente pubblico al fine di attribuirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorità pubbliche associate nell’ambito di tale società esercitano su quest’ultima può essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, qualora esso venga esercitato congiuntamente dalle autoritá suddette.
Con particolare riferimento alla possibilità di ritenere sussistente un controllo analogo esercitato in forma congiunta, la Corte di Giustizia ha ulteriormente chiarito che “ove più autorità pubbliche facciano ricorso ad un’entità comune ai fini dell’adempimento di un compito comune di servizio pubblico, non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo individuale su tale entità; ciononostante, il controllo esercitato su quest’ultima non può fondarsi soltanto sul potere di controllo dell’autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza nel capitale dell’entità in questione, e ciòperché, in caso contrario, verrebbe svuotata di significato la nozione stessa di controllo congiunto” (così, da ultimo, Cons. Stato, VI, 26 maggio 2015, n. 2606).
A sostegno di quanto sin qui prospettato militano le previsioni dell’ordinamento statale e regionale siciliano in materia di affidamento di appalti di servizi.
In tal senso, proprio con riferimento all’ordinamento regionale, un puntuale riscontro si può rinvenire nella delibera della Giunta regionale 18 novembre 2013, n. 374 con la quale sono state affidate attività formative in house al CIAPI di Priolo.
Giova altresì rilevare che anche il d.lgs approvato qualche giorno fa dal Consiglio dei Ministri e recate la nuova disciplina dei contratti pubblici ed il recepimento delle direttive UE nn. 24-25-26/2014, dispone all’art. 192 – rubricato “regime speciale degli affidamenti in house” – dopo aver conferito all’ANAC i compiti di certazione e controlli sugli affidamenti in house, al secondo comma sancisce che “ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
In tal guisa pure il nuovo ordinamento della materia, che nella fattispecie trovare piena ed integrale attuazione anche nell’ordinamento regionale, consente il ricorso all’in house providing sebbene nel contesto di un più rigoroso regime di controlli.
Deve quindi ritenersi che, stante il quadro normativo descritto, il CERISDI, effettuati i necessari adeguamenti sul piano della partecipazione e dello Statuto, può essere ritenuto un organismo pienamente legittimato ad ottenere direttamente in affidamento servizi formativi dalla Regione siciliana.
Palermo, 25 marzo 2016