di
Gaetano Armao
Docente di diritto amministrativo europeo
Università di Palermo – Dipartimento di Scienze politiche e delle relazioni internazionali
L’efficacia temporale del provvedimento di permesso a costruire, già concessione edilizia, è disciplinata, secondo le vigenti previsione di legge, dall’art. 15 D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.
Tale disposizione prevede un termine d’inizio dei lavori, non superiore ad un anno dal rilascio del titolo, e un termine di ultimazione dell’opera da completarsi entro un periodo di tre anni dall’inizio dell’attività.
Il permesso di costruire decade, inoltre, con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano giàiniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio.
Decorsi i termini indicati il permesso di costruire decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga[1].
In particolare, tale proroga può essere esclusivamente accordata, con provvedimento motivato dell’Amministrazione comunale, “per fatti sopravvenuti” ed “estranei alla volontà del titolare del permesso”, oppure “in considerazione della mole dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive”, o di “difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori”, oppure “quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari” (art. 17, comma 1, lettera f), legge n. 164 del 2014).
In tale ipotesi la realizzazione della parte dell’intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di un nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attivitàai sensi dell’art. 22 e procedendo altresì, ove necessario, al ricalcolo del contributo di costruzione.
Tuttavia, come ricordato dalla giurisprudenza amministrativa, la crisi nel settore dell’edilizia per lungo tempo non è stata considerata estranea alla volontàdel titolare del permesso di costruire non configurando, pertanto, un valido motivo per giustificare l’inerzia nella costruzione poiché riferita a considerazioni generiche non rilevanti con l’obbligo di osservare i tempi di inizio e completamento dei lavori[2].
Tale circostanza, infatti, non era ritenuta idonea a concretizzare un’ipotesi di “fatto sopravvenuto estraneo alla volontàdel titolare del permesso di costruire” ed andava interpretata nel senso che dovesse considerarsi illegittimo il provvedimento dell’Amministrazione comunale di declaratoria di decadenza del permesso di costruire (giàconcessione edilizia), soltanto allorché sussistessero impedimenti assoluti all’esecuzione dei lavori segnalati o comunque conosciuti all’Amministrazione e l’impedimento non fosse riferibile alla condotta del concessionario, per cui andava ritenuto tale da costituire quella causa di forza maggiore con effetti sospensivi sul decorso dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui al titolo edilizio previsti dalla legge.
E così è stato ritenuto come “fatto sopravvenuto estraneo alla volontà del titolare del permesso di costruire” un contenzioso giudiziario fra confinanti se noto al Comune[3], anche se deve essere valutato, in concreto, l’esito del giudizio al fine di stabilire la responsabilitàdel fatto causativo della interruzione dei lavori[4], mentre la mera difficoltà tecnico-economica del titolare del permesso di costruire non si ritiene possa costituire elemento giustificativo della richiesta di proroga[5].
Se “l’istituto della proroga del permesso di costruire non è più applicabile quando sia sopravvenuta una disciplina urbanistica incompatibile con l’intervento assentito”[6], resta parimenti incontroverso che la proroga non possa in ogni caso essere motivata “da mancanza di mezzi o dal mero capriccio del richiedente o da altre ragioni riconducibili a fatto di quest’ultimo”[7].
In questo contesto regolativo, quindi, si riteneva che la “crisi del settore edile, collegata alla difficile congiuntura economica italiana, appare una circostanza estremamente generica, non idonea di per sé ad impedire in maniera assoluta la possibilità di edificazione legata al permesso di costruire ottenuto dagli esponenti”[8].
Per far fronte a tale criticità con una previsione speciale rispetto all’ordinario regime edilizio, il legislatore è intervenuto a normare la fattispecie introducendo una speciale deroga alla descritta disciplina.
E così, proprio al fine di affrontare la grave crisi economico-finanziaria, nell’ambito di disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (c.d. “decreto del fare”), si è previsto che “salva diversa disciplina regionale, previa comunicazione del soggetto interessato, sono prorogati di due anni i termini di inizio e ultimazione dei lavori di cui all’articolo 15 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, come indicati nei titoli abilitativi rilasciati, o comunque formatisi antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato e sempre che i titoli abilitativi medesimi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione dell’interessato, con i nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati …(omissis)”(art. 30, comma 3, della legge n. 98 del 2013 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69).
Conseguentemente, nell’ambito della disciplina a livello statale, i termini di inizio e fine lavori devono ritenersi in prorogati di 2 anni per i titoli rilasciati o formatisi prima del 21 agosto 2013 con comunicazione alla competente amministrazione comunale.
Nell’ordinamento della Regione siciliana la peculiare fattispecie descritta è regolata adesso dall’art. 2, comma 1, della l.r. 23 giugno 2014, n. 14, con la precipua finalità di “introdurre nell’ordinamento regionale le misure vigenti nella legislazione nazionale introdotte dal cosiddetto decreto del fare”[9].
Tale nuova previsione ha introdotto quindi, anche nell’ordinamento siciliano, la proroga dei termini di inizio e ultimazione dei lavori per la realizzazione del permesso di costruire (già concessione edilizia) disciplinati dall’art 36 della l.r. 27 dicembre 1978, n. 71 e s.m.i. (recante “Norme integrative e modificative della legislazione vigente nel territorio della Regione siciliana in materia urbanistica”) in termini analoghi a quelli regolati dal descritto ordinamento statale.
A chiarire il nuovo regime è poi intervenuta la Circolare n. 2/2015 (prot. n.11789 del 20 maggio 2015) del Dipartimento dell’Urbanistica-Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della Regione recante disposizioni illustrative concernenti la “Applicazione dell’articolo 2, comma 1, della legge regionale 23 giugno 2014 n. 14. Proroga dei termini di inizio e ultimazione dei lavori”.
Sicché, in linea con quanto previsto dalla circolare il termine per l’inizio dei lavori stessi può essere prorogato di due anni, “ciò comportando lo slittamento dei medesimi due anni del termine di ultimazione, per un totale di 6 anni dalla data di rilascio del titolo abilitativo (fatte salve le possibilità offerte dai commi 8 e 11 dello stesso articolo 36”.
Infatti, sempre secondo tale circolare, i termini di inizio e ultimazione dei lavori, secondo le previsioni della normativa in questione, vanno ritenuti: “espressamente stabiliti dall’articolo 36, comma 7, della legge regionale n. 71/78 e sono fra di loro strettamente connessi; ne consegue che la proroga di due anni, se riferita alla data di inizio lavori, consente la possibilità di ultimare gli stessi comunque entro il termine non superiore a tre anni dall’inizio; se riferita alla ultimazione dei lavori già in corso di esecuzione alla medesima data di entrata in vigore della legge regionale, consente di prorogare tale ultimo termine di ulteriori due anni. La data cui far riferimento per l’unica “comunicazione” è dunque quella prevista per legge del 12 luglio 2014 (o per iniziare i lavori o per completarli)”.
Resta peraltro impregiudicata, anche nel peculiare regime descritto, la possibilità della concessione da parte dell’Amministrazione procedente di un periodo più lungo per l’esecuzione dei lavori (comma 8) o di proroga motivata (comma 11) senza limitazioni temporali, potendo essere previsto un termine anche superiore ai due anni qualora se ne ravvisino motivate necessità di carattere oggettivo.
Da quanto sin qui richiamato discende che vi sia una piena analogia tra il regime statale e quello regionale in materia di proroga dei termini di inizio e fine lavori edilizi.
Giova ricordare, infine, che sempre alla stregua della richiamata circolare, al fine di regolare fattispecie di diritto intertemporale, si prevede che “la proroga di due anni dei termini di inizio e fine lavori in argomento è una misura straordinaria, e pertanto transitoria e non “a regime”, riservata al soggetto interessato che abbia già conseguito il titolo abilitativo alla data di entrata in vigore della legge e questo sia in corso di validità: tale data corrisponde nella nostra Regione a quella di entrata in vigore della legge regionale n. 14/2014”[10].
[1] Per una più ampia trattazione si rimanda a G. Pagliari, Corso di diritto urbanistico, Milano, Giuffrè, 2015, p. 437 ss.; F. Salvia, Manuale di diritto urbanistico, Padova, Cedam, 2012, p. 182 ss.; G.C. Mengoli, Manuale di Diritto urbanistico, Milano, Giuffrè, 2009, p. 972 ss; S. Castro – A. Mari – V. Mazzotta, D.I.A. e permesso di costruire, Torino, Giappichelli, 2009, pag. 40 ss.
[2] Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2014, n. 4975
[3] TAR Lazio, Roma, sez. II-quater, 7 giugno 2010, n. 15939
[4] TAR Lazio, Roma, sez. II-quater, 12 maggio 2015, n. 6899
[5] TAR Sicilia, Catania, sez. I, 15 settembre 2009, n. 1507
[6] così Corte di cassazione, sez. III penale, 12 maggio 2008, n. 19101
[7] Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2014, n. 2997 nonché ID, sez. III , 4 aprile 2013, n. 1870; ID, sez. IV, 18 maggio 2012, n. 2915 ID, sez. IV, 23 febbraio 2012, n. 974
[8] TAR Lombardia, Milano, sez. II, 21 febbraio 2012, n. 580, in materia si vedano anche TAR Lazio, Roma, sez. II, 15 aprile 2004, n. 3297; Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2003, n. 453
[9] Si veda, in tal senso, il verbale seduta IV Commissione ARS del 29 gennaio 2014
[10] G.U.R.S. parte prima n. 26 del 27.6.2014