di Gaetano Armao
La maggioranza che sostiene il Governo ha depositato in Commissione bilancio alla Camera dei deputati un emendamento al disegno di legge di stabilità 2016 per offrire una soluzione all’annosa questione dei circa 22.000 precari siciliani della pubblica amministrazione. Una scelta opportunamente criticata dalle principali forze sindacali per l’approssimazione che manifesta nell’affrontare un tema che ha assunto proporzioni drammatiche e che impone scelte serie e non ‘norme-manifesto’, buone a prospettare soluzioni fragili ed inadeguate che non servono a risolvere problemi, ma solo a creare nuove illusioni.
L’emendamento 16.92 al disegno di legge di stabilità 2016 è stato dichiarato inammissibile dalla Commissione V (Bilancio) della Camera per la sostanziale incompatibilità con i principi di organizzazione ed equilibrio finanziario della P.A. Anche se da parte di esponenti governativi, adesso, ne viene annunciata la riproposizione in altra sede legislativa. Appare quindi utile un esame di una proposta che se non comparirà nel documento finanziario che sarà approvato entro l’anno, rimane nell’agenda politica del Governo.
La disposizione prevede l’istituzione della “Agenzia per il lavoro”, società consortile fra enti di diritto pubblico, che prenderebbe in carico il personale precario della pubblica amministrazione siciliana. Si prevede quindi l’istituzione di un’altra società pubblica tra Stato, Regione siciliana e comuni per fornire lavoro che proprio mancava nel già caotico scenario delle società pubbliche, anch’essa gestita dalla politica, ma questa volta alle dirette dipendenze del governo. I beneficiari di tale scelta (involuta) sarebbero i soggetti con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato non dirigenziale presso l’Amministrazione regionale, gli enti sottoposti a tutela e vigilanza della stessa e gli enti pubblici territoriali, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina statale già esistente (tre anni di servizio nel quinquennio antecedente al 31/10/2013 o precedente termine indicato dalla finanziaria 2007, ad eccezione di chi impegnato presso uffici di gabinetto). I precari che al 31/12/2016 risultino ancora in servizio a tempo determinato, dovrebbero poi transitare alle dipendenze dell’Agenzia (compresi i soggetti non stabilizzati a tale data in enti presso cui si sia realizzata la procedura di stabilizzazione).
Insomma, una misura degna delle passate stagioni clientelari, con indefiniti oneri finanziari……e questo mentre si portano comuni ed enti (che dovrebbero accogliere questi lavoratori) all’asfissia finanziaria e la Regione siciliana al dissesto anche a causa di crescenti vincoli finanziari aggravati da espresse rinunce fatte dal Governo regionale al gettito fiscale riconosciuto dalla Corte costituzionale in esito all’accordo stipulato con il Ministero dell’economia e le finanze nel 2014 (il cui valore calcolato in circa 5 miliardi di euro).
In breve, si spostano i precari della P.A. su una società sotto l’egida del governo, mentre si rende insostenibile sul piano finanziario la stabilizzazione negli enti locali siciliani.
Il ragionamento non fa una piega, crea una piaga. L’Agenzia (divenendo intermediario di lavoro) dovrebbe stipulare coi lavoratori contratti a tempo indeterminato, il cui onere complessivo non può essere superiore a quello in essere a tempo determinato, per poi prestare servizio, in regime di somministrazione, presso gli stessi enti consorziati. E’ così prevista l’applicazione della disciplina privatistica in materia di rapporto di lavoro di somministrazione. L’utilizzo delle prestazioni dei “somministrati” non più precari può essere attivato anche per sopperire alle cessazioni dei dipendenti di ruolo, con i conseguenti oneri, nonché per progetti di utilità collettiva (anche presso Associazione ed enti no-profit).
Tornano, insomma, sotto altra veste i lavori socialmente utili sperimentati catastroficamente negli anni ’90 che hanno dimostrato quanto certa politica abbia… in considerazione merito e talento dei giovani. Gli oneri per finanziare la nuova società pubblica sarebbero posti a carico dei soggetti utilizzatori o, per i non assegnati, ai soggetti di provenienza (entro il limite di quanto previsto prima del transito). E’ infine prevista la possibilità di fuoriuscita volontaria a domanda dal bacino: agli interessati verrebbe corrisposta un’indennità onnicomprensiva corrispondente ad un anno di retribuzione (con riferimento a quella in godimento).
Invero, non poteva che fare la fine che ha fatto, sulla scorta dei vigenti vincoli sula finanza pubblica, anche di matrice europea. A chi si attarda su metodi antichi mi permetto di indicare la lettura del recentissimo studio elaborato da Banca d’Italia sulla questione del precariato nella P.A. che mostra “che la probabilità che i lavoratori più abili scelgano il settore pubblico anziché quello privato si riduce all’aumentare del rischio di essere assunti con un contratto a termine (e al crescere della sua durata media attesa); tra i precari del settore pubblico, la probabilità che i più abili si spostino nel settore privato aumenta al ridursi delle prospettive di stabilizzazione nel Mezzogiorno e diminuisce nel Nord’” ( Il precariato nel settore pubblico e la selezione (avversa) del personale,www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temi-discussione/2015/2015-1041/index.html).
Anche nell’affrontare un tema drammatico come quello del precariato della P.A. (di proporzioni non dissimili dall’altra questione ancora rinviata dei forestali siciliani adesso remunerati con risorse destinate ad infrastrutture) occorre guardare avanti e non indietro. E’ necessario offrire soluzioni innovative a chi reclama legittimamente una risposta dopo decenni di rinvii, ma senza paralizzare le amministrazioni per i prossimi anni saturandone i ruoli e precludendo l’accesso ai tanti giovani meritevoli che, dopo lunghi studi, possono concorrere per accedere nella pubblica amministrazione senza dover ritenere, quale unica alternativa, l’emigrazione.