PALERMO. L’occasione è fornita dal recente libro «L’attuazione dell’Autonomia differenziata della Regione Siciliana» di Gaetano Armao, docente di diritto amministrativo nell’Università di Palermo. Ma la conversazione con l’autore – assessore regionale all’Economia nella scorsa legislatura – finisce con l’essere polarizzata dai temi, attualissimi, dello Statuto, dell’autonomia finanziaria e del risanamento della Regione. Una situazione, manifesta in tutta la sua virulenza già due anni fa e che impone, ieri come oggi, un «supplemento straordinario di attenzione».
La Sicilia, a giudizio di Armao, «ha vissuto per oltre un decennio ben al di sopra delle proprie possibilità» come conferma la lievitazione della spesa corrente da 15 a 20 miliardi di euro all’anno, poi ricondotti nella scorsa legislatura a 15 miliardi di euro. È stato proprio questo percorso che ha permesso di «rispettare il patto di stabilità» (limiti di spesa) e di «riaprire il confronto con lo Stato sulla piena attuazione dello Statuto» e segnatamente di quelle norme che riguardano l’autonomia finanziaria della Regione.
Nel passaggio delle consegne all’attuale governo della Regione, Armao, assessore uscente, richiamava questi passaggi, rimarcando che «su un bilancio di 27 miliardi» le politiche di rigore avrebbero lasciato «liberi» appena 1,8 miliardi, dopo avere pagato stipendi, pensioni e debiti. Una situazione resa più preoccupante dalla ricognizione sui debiti della Regione (dei Comuni, delle Province, del sistema sanitario, dei Consorzi di bonifica, delle Asi, etc. etc.) quotati, nel passaggio da una legislatura all’altra, in diciotto miliardi di euro ed oggi lievitati oltre i 20 miliardi. Ben altro ammontare, viene da dire, rispetto ai 5 miliardi formalmente nel bilancio della Regione sotto la voce debiti.