di Gaetano Armao
Docente di diritto amministrativo europeo nell’Universita di Palermo.
Dipartimento di Scienze politiche e delle relazioni internazionali/DEMS-Università di Palermo
Il 12 giugno 2013 è stata approvata la Direttiva 2013/30/UE sul rafforzamento delle condizioni di sicurezza ambientale delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, preceduta dalla Comunicazione della Commissione UE “Affrontare la sicurezza delle attività petrolifere off shore” (“Facing the challenge of the safety of offshore oil and gas activities” del 12 ottobre 2010 – COM(2010).
La direttiva offre applicazione ad alcuni principi generali di metri e europea tra i quali, quello del “chi inquina paga”, quello che i gravi incidenti legati all’estrazione di idrocarburi in mare possono avere conseguenze gravi e irreversibili sull’ambiente marino e costiero con l’obiettivo della tutela e salvaguardia del mare per garantire il raggiungimento al 2020 di un adeguato stato ambientale, come previsto dalla direttiva 2008/56, e di attuare la ‘Strategia marina’, ossia di valutare l’impatto cumulativo di tutte le attività per una gestione integrata del sistema marino-costiero.
La normativa europea impone alle compagnie petrolifere di redigere un’accurata relazione sui grandi rischi e su eventuali incidenti che possono verificarsi, studio che deve essere ben illustrato nel progetto (cosa che in molti dei progetti presentati oggi non si verifica); richiede inoltre all’Amministrazione, in fase di rilascio delle autorizzazioni, di verificare la sussistenza di tutte le garanzie economiche da parte della società richiedente, per far fronte agli eventuali costi di un incidente durante le attività, e di adottare tutte le misure necessarie per individuare i responsabili del risarcimento in caso di gravi conseguenze ambientali sin dal rilascio del titolo concessorio.
La direttiva, sotto altro profilo, rafforza il ruolo della partecipazione civica, stabilendo a tale riguardo che nel processo di autorizzazione venga tenuto in debito conto il parere dei cittadini, amministrazioni e enti dei territori interessati dalle richieste.
Più specificatamente, la direttiva stabilisce i requisiti minimi per prevenire gli incidenti nelle operazioni estrattive in mare nel settore degli idrocarburi e limitare le conseguenze di tali incidenti (art. 3) a partire dal controllo sulle licenze (art. 4) e con riguardo a specifiche operazioni come le operazioni esplorative degli idrocarburi in mare (art 5) o all’interno delle aree sulle quali si autorizza l’attività estrattiva (art. 6).
La Responsabilità per danno ambientale e’ stabilita puntualmente all’art. 7 il quale prevede che: “gli Stati membri provvedono affinché il licenziatario sia finanziariamente responsabile per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale causato da operazioni in mare nel settore degli idrocarburi svolte dal licenziatario o dall’operatore o per loro conto”. In relazione alle previsioni della direttiva 2004/35 per danno ambientale deve intendersi un danno alla specie e all’habitat protetti che produca significati effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di un buono stato di conservazione di specie e habitat, avuto riguardo alle condizioni originarie.
La preparazione e effettuazione delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi è stabilita dal Capo III della Direttiva 2013/30 con riguardo alla documentazione da presentare (art. 11), alla predisposizione della Relazione sui grandi rischi per un impianto di produzione o non destinato alla produzione (art. 13) con riferimento anche ai Piani interni di risposta alle emergenze (art. 14) e alla Comunicazione di operazioni di pozzo (art. 15) anche combinate (Art. 16).
L’articolo 17 stabilisce poi la Verifica indipendente che gli Stati membri devono imporre ad operatori e proprietari delle piattaforme attraverso una descrizione dei sistemi di verifica inclusi nell’ambito del sistema di gestione della sicurezza e dell’ambiente.
$Particolarmente rilevante poi il Capo IV che stabilisce la Politica di Prevenzione e, all’articolo 19, regola la Prevenzione degli incidenti gravi da parte degli operatori e dei proprietari richiedendo loro la predisposizione di un documento che definisca la loro politica aziendale di prevenzione degli incidenti gravi che coinvolga anche (Art. 20) le Operazioni in mare nel settore degli idrocarburi svolte al di fuori dell’Unione.
Nel recepimento della normativa europea gli stati membri devono poi provvedere alla Segnalazione confidenziale dei problemi di sicurezza (art. 22) alla condivisione delle informazioni (art. 23) alla trasparenza delle informazioni destinate al pubblico (art. 24) e presentare una relazione annuale alla Commissione sia sulla sicurezza che sull’impatto ambientale delle operazioni svolte. Il Capo VII contiene, infine, il capitolo dedicato alla preparazione e risposta alla gestione delle emergenze con le prescrizioni relative ai piani interni di risposta alle emergenze (artt 28-30)
Si prevede, infine, una serie di sanzioni che gli Stati membri devono individuare (art.34) in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla direttiva e adottino tutte le misure necessarie per garantirne l’attuazione entro il 19 luglio 2015.
La direttiva è stata adesso finalmente recepita dal Parlamento (l. 7 ottobre 2014, n. 154 “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre”.
Ma il completo recepimento si avrà solo con l’emanazione del decreto delegato da parte del Governo che così potrà temporeggiare, almeno sino al termine ultimo fissato dalla stessa direttiva, il 19 luglio 2015.
Nel frattempo con il recente art. 38 del d.l. art. 38 dal. n. 133/14 conv. dalla l. n. 164/14 (c.d. “Sblocca Italia”) che definisce, indistintamente, tutte le “attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. I relativi decreti autorizzativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni”.
Ma fa di più. Al comma quinto precisa che “le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9, sono svolte a seguito del rilascio di un titolo concessorio unico sulla base di un programma generale di lavori articolato in una prima fase di ricerca, per la durata di sei anni, prorogabile due volte per un periodo di tre anni nel caso sia necessario completare le opere di ricerca, a seguito della quale, in caso di rinvenimento di un giacimento riconosciuto tecnicamente ed economicamente coltivabile da parte del Ministero dello sviluppo economico, seguono la fase di coltivazione, per la durata di trenta anni, da prorogare per una o più volte per un periodo di dieci anni ove siano stati adempiuti gli obblighi derivanti dal decreto di concessione e il giacimento risulti ancora coltivabile, e quella di ripristino finale”.
Questo vuol dire che a chi ottiene in fretta e furia il “titolo concessorio unico” potrà richiedersi l’applicazione dei vincoli e delle garanzie della normativa europea tra….52 anni. Ed infatti in quanto emanato prima dell’entrata in vigore della completa disciplina di recepimento al provvedimento non potrà applicarsi retroattivamente la disciplina….
Così le più severe garanzie di informazione e corretta gestione delle attività estrattive apprestate dalla normativa europea potranno applicarsi solo ai titoli concessori rilasciati dopo l’entrata in vigore della normativa delegata di recepimento….con l’elusione delle richiamate tutele e garanzie in spregio all’ordinamento europeo.
Palermo, 14 novembre 2014