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La fiera lotta di Piersanti Mattarella per la Sicilia.

di Gaetano Armao (DEMS-UNIPA)

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Oggi ricorrono 36 anni dall’assassinio del Presidente Piersanti Mattarella.
Con quell’assassinio la mafia volle spegnere un’esperienza politica innovativa e di rilancio della Sicilia.
Un’esperienza di governo regionale che si connotò per i forti elementi di rottura con le spinte mafiose ed affaristiche che ammorbavano ed invischiano ancora la politica siciliana.
Quell’impegno di correttezza amministrativa, legato a doppio filo con la difesa della Sicilia e della sua autonomia finanziaria, Mattarella ha pagato con la vita (per più ampi riferimenti si rinvia alle belle pagine del libro di P. Basile, “Piersanti Mattarella, un democristiano diverso”, liberamente consultabile in http://archiviopiolatorre.camera.it/img-repo/pubblicazioni/carteInRegola.pdf).
Ne recano testimonianza le sue ultime parole: “sui problemi immediati c’è un contenzioso con lo Stato. C’è e resta…….Passi in avanti si sono avuti per la definizione delle norme finanziarie con il conseguente aumento delle entrate della Regione. Qualcosa si è mossa, pur se il clima generale resta tutt’altro che confortante”.
Così si concludeva il Presidente Mattarella l’intervista rilasciata a G. Pepi il giorno prima e pubblicata dal «Giornale di Sicilia» ( “I nodi sono molto grossi, le armi appaiono spuntate: spero di farcela, e presto”) proprio il 6 gennaio 1980, la stessa mattina di quel drammatico eccidio.
Ma cosa rimane di quello che può esser considerato un elemento essenziale del testamento politico di Piersanti Mattarella?
Il clima di aspro confronto con lo Stato oggi è decisamente peggiorato.
Da un lato, infatti, il Governo statale sottrae, con sempre maggior determinazione, risorse che spettano alla Regione ed omette di realizzare le basilari politiche di perequazione e di superamento del divario economico-sociale (conseguentemente aggravatosi).
Dall’altro quell’impegno è stato volgarmente tradito dalla politica siciliana.
Non solo con l’abbandono di ogni pur legittima rivendicazione di attuazione dello Statuto regionale, ma addirittura rinunciando alle risorse di spettanza regionale riconosciute dalle pronunce della stessa Corte costituzionale (per ulteriori considerazioni rinvio al mio contributo Riforme e risanamento vie d’uscita dalla recessione per la Sicilia in http://www.nelmerito.com/index.php?option=com_content&task=view&id=2197&Itemid=159) .
Ed oggi addirittura si giunge ad evocare la cancellazione dell’autonomia finanziaria quale soluzione ‘conveniente’ per l’Isola.
Nel frattempo l’economia siciliana muore, i comuni sono allo stremo, la desertificazione imprenditoriale ha raggiunto punti di non ritorno come l’emigrazione intellettuale e giovanile, trasformando la Sicilia nell’area più povera del Paese e, per di più, senza realistiche prospettive di recupero dei drammatici effetti della crisi (con i ritmi di crescita dell’economia previsti torneremo ai livelli del 2005 non prima di quarant’anni) (cfr. da ultimo, R. Padovani e G. Provenzano, Il Mezzogiorno e la Sicilia nella crisi. Il rischio di depauperamento del capitale umano, in http://www.svimez.info/images/INTERVENTI/DIRETTORE/2015_11_27_curella.pdf).
Ricordare oggi quella triste e piovosa giornata nella quale è stato inferto un colpo tremendo all’autonomia responsabile della Sicilia impone, quindi, di ricordare anche l’intuizione di Mattarella, il suo messaggio politico alle nuove generazioni di siciliani.
Un’intuizione attuale più che mai: senza rivendicazione delle legittime pretese di una Sicilia rinnovata e con “le carte in regola” non ci può essere futuro, ma solo miseria.
E la miseria ed il degrado costituiscono il terreno sul quale alligna la sottocultura mafiosa che quel grande Presidente avrebbe voluto far tacere, ma il Suo pensiero giunge oggi ancora vitale.
Sempre Mattarella, di fronte al Parlamento siciliano commemorando il Giudice Terranova ed il Maresciallo Mancuso all’indomani del loro eccidio, affermava “nella capacità di identificare uno sviluppo e di proporre scelte coerenti di carattere produttivo che garantiscano una crescita economica, sociale e civile dell’Isola, c’è anche la risposta essenziale all’eliminazione delle ragioni di fondo del prosperare della mafia nella nostra Regione” (Assemblea regionale siciliana, seduta del 20 novembre del 1979).
La difesa delle ragioni della Sicilia diviene, in questa prospettiva, elemento essenziale per la lotta contro la mafia.

Palermo, 6 gennaio 2016

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